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Stagione di caccia 2025 in Italia: apertura anticipata e polemiche sulle nuove norme di gestione faunistica
La stagione venatoria 2025 in Italia si apre con aperture anticipate in alcune regioni e con un acceso dibattito sulle nuove regole di gestione della fauna selvatica. Le modifiche legislative, le contestazioni ambientaliste e i dati sul calo dei cacciatori e l’aumento della fauna rendono questa stagione una delle più discusse degli ultimi anni. 📅 Calendario venatorio e aperture anticipate Secondo la legge 157 del 1992, la stagione di caccia deve svolgersi tra la terza domenica di settembre e il 31 gennaio dell’anno successivo. Tuttavia, le regioni hanno la facoltà di anticipare l’inizio fino al 1° settembre, ma solo per alcune specie e con la condizione di spostare proporzionalmente la chiusura. Negli ultimi anni, questa flessibilità ha generato forti contestazioni. Le associazioni ambientaliste e animaliste denunciano un progressivo indebolimento delle regole, soprattutto alla luce delle modifiche legislative in discussione al Senato. Secondo loro, l’allentamento dei vincoli rischia di compromettere la tutela di specie e habitat già fragili. ⚖️ Modifiche legislative e contrasti tra Federcaccia e ambientalisti Il presidente di Federcaccia, Massimo Buconi, ha sottolineato che la più recente legge di Bilancio ha introdotto variazioni significative, tra cui una maggiore flessibilità e piani straordinari di gestione della fauna selvatica. In particolare, il controllo degli animali selvatici non è più considerato esclusivamente attività venatoria, ma assume carattere di interesse pubblico. Gli ambientalisti, al contrario, parlano di un rischio “liberi tutti”, temendo che un allentamento eccessivo possa causare danni irreversibili agli ecosistemi. Buconi respinge le accuse, ricordando che l’Italia mantiene tra le norme più restrittive d’Europa: visite mediche obbligatorie, esami specifici e controlli severi sul maneggio delle armi restano requisiti fondamentali per chi pratica la caccia. 🗺️ Regolamentazione attuale e restrizioni territoriali Per esercitare la caccia in Italia sono necessarie autorizzazioni e controlli rigorosi. Ogni cacciatore deve superare visite sanitarie periodiche, sostenere esami teorici e pratici e ottenere il porto d’armi con verifica delle autorità competenti. La caccia è consentita solo in aree autorizzate, con esclusione di parchi naturali, oasi protette e zone di ripopolamento. Nelle aree della rete Natura 2000 e nelle Zone di Protezione Speciale, le restrizioni variano ma non vige un divieto assoluto. Anche gli istituti privati di caccia operano solo con autorizzazioni specifiche, spesso in coincidenza con aziende agricole. 📊 Evoluzione dei cacciatori e crescita della fauna selvatica Dal 1992 a oggi, il numero dei cacciatori italiani è crollato da oltre 1,5 milioni a meno di 500 mila. Parallelamente, la fauna selvatica è aumentata in modo significativo, rendendo la gestione più complessa. Questi dati hanno spinto a modificare la normativa, spostando l’attenzione dalla semplice tutela delle specie a una gestione più attiva. In passato, l’attività venatoria era rigidamente divisa: chi praticava la caccia stanziale non poteva dedicarsi a quella migratoria e viceversa. Oggi, invece, si tende a eliminare queste barriere, soprattutto per affrontare emergenze come l’aumento dei cinghiali, responsabili anche della diffusione della peste suina africana (PSA). 🌿 Una gestione sempre più complessa L’attuale scenario richiede metodi più adattabili e interventi continui per regolare la presenza della fauna selvatica. La sfida è trovare un equilibrio tra tutela ambientale e necessità di controllo, evitando danni agricoli, rischi sanitari e incidenti stradali. Conclusione La stagione di caccia 2025 in Italia si apre tra aperture anticipate, nuove regole legislative e polemiche accese. Con il calo dei cacciatori, l’aumento della fauna e le pressioni delle associazioni ambientaliste, il dibattito sulla gestione venatoria resta centrale. Per i cacciatori, sarà fondamentale rispettare le normative e seguire con attenzione i calendari regionali, in un anno che potrebbe segnare un punto di svolta per la gestione faunistica italiana.
Marco Rossi
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